Il futuro della farmacia: il farmacista di famiglia

Pensando agli scenari che riguardano la direzione che prenderanno le croci verdi dopo la pandemia, prende sempre più piede, anche a livello legislativo, l’istituzione di una figura nuova, quella del farmacista di famiglia

Da più parti negli ultimi mesi si sta facendo avanti l’idea che sia indispensabile rafforzare l’assistenza sanitaria a livello territoriale e si invoca un coordinamento tra varie figure professionali, a partire dal medico di medicina generale. Per la prima volta si sente l’esigenza di un infermiere di famiglia. La farmacia non può perdere l’opportunità di inserirsi in modo ufficiale e strutturato in questa rete che si sta formando, per esempio istituendo la figura del “farmacista di famiglia”. Ne abbiamo parlato con Venanzio Gizzi, presidente di Assofarm, che rappresenta a livello istituzionale e sindacale le Aziende Speciali, i Consorzi, i Servizi Farmaceutici e le Società che gestiscono le farmacie pubbliche in Italia e del suo corrispondente europeo Uuefs (Unione europea delle farmacie sociali). «Già nel 2017, partendo soprattutto dall’esperienza del Belgio, è nata l’idea di un “farmacista di comunità”, scelto dal cittadino e remunerato in base al numero di assistiti presi in carico. Siamo convinti, infatti, che la farmacia, così come è strutturata oggi, non abbia prospettive. Basta osservare i dati. Nel 2000 i farmaci dispensati in regime convenzionato tramite le farmacie sul territorio corrispondevano all’81,8% della spesa farmaceutica totale nazionale. Questo valore si è ridotto al 40% nel 2020 e si prevede scenderà al 30% nei prossimi anni. Sono rimasti in farmacia gli equivalenti e i farmaci non innovativi, con un costo medio sempre più basso, oggi intorno a 9 euro, mentre tutte le altre molecole vengono consegnate al cittadino direttamente da ospedali e strutture pubbliche» spiega Gizzi.

Mantenere la territorialità

«Con l’avvento della pandemia la farmacia sta passando dei momenti difficili e si corre il rischio che venga meno la capillarità su tutto il territorio nazionale, evento da scongiurare. Il farmacista di famiglia potrebbe adempiere a una serie di compiti nuovi che calzano perfettamente con la sua formazione e con il suo ruolo di distributore finale del farmaco, primo tra tutti il controllo dell’aderenza alle terapie. Durante la pandemia il farmacista ha dimostrato sul campo di avere la capacità di assistere il paziente non solo tramite i farmaci dispensati, ma anche con parole qualificate e di conforto e la giusta attenzione. I cittadini hanno trovato nel farmacista un professionista sanitario sempre disponibile ad ascoltare e ad aiutare, tanto che la fiducia nei nostri confronti è aumentata. Il sistema di farmacie italiano è già strutturato sul territorio e sarebbe quindi un peccato non approfittare di questo momento di revisione generale del Ssn per valorizzare il suo ruolo, affidandogli compiti differenti, riconosciuti e remunerati in modo nuovo. Ho in mente in particolare la possibilità di effettuare le vaccinazioni, in un momento storico in cui è necessario mettere in campo tutte le risorse possibili per far fronte alle nuove urgenti necessità, abbandonando difese corporative. È notizia recente che il commissario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri abbia manifestato l’intenzione di avvalersi anche della rete di farmacie per raggiungere l’obiettivo di vaccinare la popolazione italiana contro il SARS-CoV-2. Occorre lavorare fin da subito a questo progetto per non farci trovare impreparati al momento dell’azione. La proposta di istituire il farmacista di famiglia verrà portata avanti a livello legislativo. Serve una modifica normativa per dare la possibilità al farmacista di operare in condizioni di piena sicurezza sia propria sia dei cittadini utenti. Ma se mai partiamo, se mai iniziamo con questa nuova cultura, mai faremo queste cose e rischiamo di rimanere indietro» conclude Gizzi.