L’Italia è ancora un passo indietro, almeno per quanto concerne l’informazione e la diffusione vaccinale antimeningococcica gratuita agli aventi diritto, unica arma nella lotta alla meningite. Patologia che, secondo i dati diffusi dal Global Burden of Disease è “rara” in Italia: 0,3 casi (con una punta massima che non tocca le 20 diagnosi) ogni 100.000 abitanti.

Numeri contenuti, che fanno perdere attenzione e percepito sul rischio e la pericolosità che la contrazione della malattia provoca: esiti altamente disabilitanti sul fisico, con perdita anche degli arti e danni neurologici permanenti. Serve formare a una cultura vaccinale, nello specifico aumentando le conoscenze sulla meningite e attivando iniziative di informazione e prevenzione mirate soprattutto a bambini e giovani, il target principale e il più colpito.

Agire in profilassi

Vale a dire, garantendo la vaccinazione gratuita agli adolescenti. Va ricordato, infatti, che uno studio dell’ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) del 2018 conferma che la percentuale di casi di patologia invasiva per 100.000 rileva la maggior frequenza negli anni prescolari, da <1 a 1,4, con un aumento importante di casi di meningite anche nella fascia adolescenziale, pre-adolescenziale e post adolescenziale, in entrambi i sessi, con una prevalenza, tra 5-24 anni, della forma di tipo B e una crescita sensibile anche degli altri ceppi.

«Dati confermati anche da studi italiani – precisa Roberta Siliquini, presidente della Società d’Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (S.I.T.I.) – che riferiscono che tra il 2 e il 40% dei ragazzi sono carrier di meningite, anche se la prevalenza di portatori asintomatici non sembra correlata a un aumento della patologia conclamata e un altro studio del 2018 condotto su oltre 2.600 adolescenti, attesta la presenza di malattia nel 5.3% dei partecipanti».

Eppure attualmente in Italia soltanto sei Regioni, localizzate al Centro Sud, Regioni in cui la copertura vaccinale è di per sé inferiore rispetto ad altre aree del territorio (Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia), raccomandano la vaccinazione contro il meningococco B, agli adolescenti.

In aggiunta, dati nazionali del 2021 riportano una copertura media contro questa e contro i meningococchi ACWY, rispettivamente del 44 e del 78% a 36 mesi, in linea con la media vaccinale generale di circa 58%. Troppo bassa, se si considera che la copertura di gregge, che favorisce e protegge l’intera collettività, compreso i soggetti per cui esiste una controindicazione a qualunque forma di vaccinazione, dovrebbe raggiungere almeno l’80%.

Dunque la vaccinazione antimeningococcica «dovrebbe essere raccomandata e garantita – dichiara il professore Stefano Vella, infettivologo, ricercatore e docente di Salute Globale presso l’Università Cattolica di Roma – almeno ai teen e pre-teens, a adulti con patologie concomitanti, come malattie del complemento, a soggetti con immunodeficienze, ad esempio coloro che sono affetti da HIV, agli splenectomizzati, ricordando che dopo la vaccinazione va eseguito anche il booster di richiamo, a segmenti di popolazione esposti a rischi professionali e comportamentali. Mentre è controindicata, come qualunque altra vaccinazione in bambini, in adulti e adolescenti che abbiano manifestato reazioni allergiche avverse importanti che hanno messo a repentaglio la vita, in soggetti con allergie severe conclamate, in donne in stato di gravidanza e/o in allattamento e in caso di condizione di salute non ottimali».

La comunicazione all’importanza della vaccinazione deve partire dalle scuole che, oltre a essere bacino di contagio, dovuto a contatti ravvicinati e ad ambienti chiusi (la meningite si propaga e trasmette per droplet, emesse e respirate), è anche sorgente educazionale e formativa alla cultura della vaccinazione e della prevenzione in genere.

Comunicare con i giovani

Occorre intercettarli e informarli nella maniera più efficace possibile, utilizzando i canali di informazione e comunicazione a loro più consoli: i social, come Facebook, Tik Tok, Instagram. «Il ruolo della Associazioni – dichiara Amelia Vitiello, presidente Associazione Liberi dalla Meningite – in questo contesto può essere ancora più incisivo di quello delle Società Scientifiche. Nostro compito è puntare soprattutto agli adolescenti, una coorte di popolazione che si è persa nella comunicazione, adeguando il nostro linguaggio al loro modo di comunicare “social”: questi ultimi diventano mezzo e strumento positivo di divulgazione, confronto e discussione fra i ragazzi stesi e anche fra le mura domestiche. Ciò consente di responsabilizzare e consapevolizzare i giovani mettendoli nella condizione, come fanno anche in altri ambiti, di poter decidere liberamente sulle azioni da intraprendere in ambito vaccinale. A patto che siano adeguatamente (in)formati sui rischi e le manifestazioni della meningite e del valore aggiunto della prevenzione vaccinale come “offerta di vita” sana». Da qui la necessità di rendere omogenea l’opportunità vaccinale, non circoscritta a poche aree del territorio.

Il “fallimento” del Piano Nazionale Vaccini

Il NITAG (National Immunization Technical Advisory Group) ha espresso parere positivo circa il nuovo Piano Nazionale Vaccini che presenta una durata quadriennale con possibilità di un aggiornamento annuale, al fine di dare maggiore flessibilità alle politiche vaccinali, fermo restando il desiderio delle regioni di variare calendari e strategie secondo le proprie necessità. Sulla carta tutto è pronto, ma il Piano Nazionale Vaccini ancora non c’è, mentre deve diventare la prima grande questione da affrontare in sede politica, pena il rischio come è accaduto nel passato che le Regioni attivino iniziative in autonomia.

«Per evitare questa eventualità – dichiara Rocco Russo, responsabile del Tavolo Tecnico Vaccinazioni della Società Italiana di Pediatria (SIP) – occorre lavorare anche a livello territoriale, su popolazione a rischio per le quali non esiste ancora ad esempio un Registro, facendo attenzione alle diverse etnie e popolazioni straniere che spesso sono reservoir di nuovi patogeni. Occorre inoltre agire sui genitori, formulando opuscoli di informazione dedicati, realizzati anche in diverse lingue, o attivando iniziative mirate, come l’opportunità messa in atto da SIP di vaccinare contro la meningite i piccoli all’interno dell’ospedale dove sono seguiti».

In tema di vaccinazioni non esiste una governance comune, le Regioni sono libere di poter avviare strategie funzionali al loro contesto residenziale e di popolazione, ma fondamentale resta il coinvolgimento del territorio: dei pediatri e degli ambulatori in cui fare sensibilizzazione, degli ospedali che sono luoghi in cui è possibile promuovere l’offerta vaccinale ai pazienti fragili, delle farmacie che possono capillarizzare l’offerta vaccinale, delle scuole che possono costituire un esempio virtuoso come nel caso di della Puglia in cui è stata introdotta l’offerta della vaccinazione per l’HPV (Human Papilloma Virus), o altre iniziative regionali come in Veneto in cui è stata attivata una rete a chiamata attiva presso diversi centri per la somministrazione della vaccinazione dell’Herpes Zoster.