Pancreatite cronica: un quadro sulla patologia

Patologia del pancreas caratterizzata da una progressiva alterazione della morfologia e della struttura del parenchima e dei dotti pancreatici, la pancreatite cronica sviluppa stati di  infiammazione e fibrosi: come è possibile intervenire per evitarne la progressione?

La pancreatite cronica (Pc) è una patologia del pancreas caratterizzata da una progressiva alterazione della morfologia e della struttura del parenchima e dei dotti pancreatici con sviluppo di infiammazione e fibrosi. Nelle forme conclamate il paziente accusa dolore addominale e possono venire a mancare le normali funzioni esocrine ed endocrine dell’organo.

pancreatite
I pazienti affetti da pancreatite dovrebbero evitare assolutamente il consumo di fumo e di alcolici

L’incidenza della pancreatite cronica varia tra il 4 e il 13,4/100.000 per anno. I dati epidemiologici sono incerti e probabilmente sottostimati. Risultano in crescita negli studi più recenti a seguito dello sviluppo di migliori metodiche di diagnostica. In testa ai fattori di rischio: una pancreatite acuta pregressa (forme post-acute) e il fumo, abitudine che in passato è stata spesso ed erroneamente sottovalutata rispetto all’alcol. Non sempre è facile risalire alla causa scatenante: esistono vari e complessi meccanismi eziologici che determinano i diversi quadri clinici. La pancreatite cronica si associa a un aumento di mortalità e morbilità, legate soprattutto a patologie extra-pancreatiche che sopraggiungono. L’eventuale presenza di insufficienza esocrina o endocrina pancreatica può essere alla base di complicanze che possono diventare gravi se non prevenute in tempo. La diagnosi si basa su sintomi, anamnesi di pancreatite acuta ricorrente, consumo di alcol, abitudine al fumo, esami di diagnostica per immagini e test di funzionalità pancreatica. La risonanza magnetica con secretina rappresenta il metodo diagnostico strumentale di scelta per valutare la Pc perché fornisce, contemporaneamente, dati morfologici e funzionali.

Pancresa e pancreatite

Il pancreas ha due funzioni principali: produce l’insulina per la regolazione della glicemia (funzione endocrina) e secerne il liquido pancreatico che, attraverso il dotto pancreatico, raggiunge il duodeno (funzione esocrina). Qui gli enzimi digestivi che contiene svolgono la loro azione di digestione del cibo. La pancreatite acuta è caratterizzata dallo sviluppo rapido di infiammazione che però è reversibile e può scomparire in alcuni giorni o qualche settimana. Nella pancreatite cronica, invece, l’infiammazione si instaura progressivamente ed è di lunga durata. I danni al pancreas sono permanenti. La fibrosi è il segno caratteristico. Con il progredire della patologia le cellule che secernono gli enzimi digestivi nel liquido pancreatico nel tempo vengono distrutte. Anche le cellule deputate alla secrezione di insulina possono risultare danneggiate, portando lentamente al diabete. Chi soffre di pancreatite cronica ha maggiore rischio di sviluppare un tumore del pancreas. Inoltre, tra le complicanze c’è la formazione di sacche di fluido, dette pseudocisti pancreatiche, che possono sanguinare, rompersi o ingrandirsi fino a bloccare il duodeno o i dotti biliari, provocando anche dolore.

Una progressione

Può essere difficile distinguere un episodio nuovo di pancreatite acuta ricorrente da un’esacerbazione di pancreatite cronica. In passato si riteneva che la transizione da pancreatite acuta a malattia cronica fosse un fenomeno raro. Di recente, invece, gli studi hanno messo in evidenza come questa progressione da fase acuta a situazione cronica sia molto più frequente di quanto si pensasse. Le percentuali di rischio che ciò accada aumentano nei pazienti fumatori che assumono alcol. Quindi, è fondamentale che i pazienti che hanno avuto un primo episodio di pancreatite acuta, specialmente se di tipo non biliare e se non riescono a rinunciare all’abitudine al fumo e agli alcolici, vengano controllati nel tempo con opportune visite di follow-up. Osservando questa regola, raccomandata dagli addetti ai lavori, sarà possibile ottenere dati più chiari su eziopatogenesi ed epidemiologia. Si prevede che una larga fetta delle pancreatiti croniche si rivelino essere forme “post-acute” e vadano a superare per numero quelle a eziologia alcolica. Per capire se il livello di gravità della pancreatite acuta sia correlato con il rischio di progressione in pancreatite cronica sono necessari ulteriori studi, che dovrebbero tenere conto anche del profilo genetico del paziente e di eventuali altri fattori di rischio concomitante.

Trattamenti

I trattamenti della pancreatite cronica mirano a ridurre il dolore e a rallentare la progressione della malattia. I capisaldi sono l’eliminazione di alcol e sigarette, opportune variazioni della dieta, l’assunzione di integratori a base di enzimi pancreatici, ove necessario, e misure per alleviare il dolore. Spesso viene consigliato di mangiare quattro o cinque pasti al giorno composti da alimenti a basso contenuto di grassi. Questo accorgimento può ridurre la secrezione degli enzimi pancreatici e attenuare il dolore. È anche necessario cercare e correggere eventuali deficit di vitamine e di micro e macronutrienti che possono instaurarsi e causare vari problemi, tra cui l’osteoporosi.

Interventi vari

La terapia sostitutiva enzimatica è raccomandata in tutti i casi manifesti di insufficienza pancreatica. Gli enzimi sono formulati in compresse o capsule che il paziente deve assumere durante o subito dopo i pasti. A volte sono inclusi in minimicrosfere gastroprotette di circa 1-1,2 millimetri di diametro. L’obbiettivo è che arrivino al duodeno insieme al chimo, dove vengono disintegrate a pH alcalino e liberano i principi attivi (per esempio, amilasi, lipasi, proteasi). La dose per la digestione dei lipidi di un pasto è di 40-50mila unità di lipasi per volta, mentre per uno spuntino possono bastare 20mila unità. La terapia enzimatica a volte riesce a ridurre il dolore cronico perché mette “a riposo” l’organo, diminuendo la necessità che secerna gli enzimi stessi. È un tentativo sicuro e con pochi effetti collaterali che viene spesso messo in atto. Questo intervento, anche se non del tutto risolutivo, rende le feci meno grasse e migliora l’assorbimento del cibo. Può verificarsi un leggero aumento di peso, accompagnato da un miglioramento generale. A volte sono utili gli inibitori di pompa protonica per contrastare una steatorrea non controllata (eccesso di grassi indigeriti nelle feci, > 6 grammi/die). Il medico può prescrivere supplementazioni di vitamine liposolubili (A, D, E e K) anche per via parenterale. In alcuni casi vengono utilizzate miscele di trigliceridi di acidi grassi a catena media in sostituzione di quelli a catena lunga. Questi oli, detti MCT, sono indicati proprio in particolari casi di malassorbimento dei grassi. Altri accorgimenti adiuvanti che possono essere messi in atto sono la decontaminazione del lume intestinale, la prescrizione di probiotici per ridurre la flogosi intestinale e l’integrazione di acidi biliari. Pancreatite e diabete L’intolleranza al glucosio in corso di pancreatite cronica può apparire in qualsiasi momento, ma il diabete mellito conclamato di solito si verifica quando la patologia è già in fase avanzata. La gestione dei pazienti è complessa perché di solito non è sufficiente usare ipoglicemizzanti per via orale ed è necessaria l’insulina. Il quadro clinico, inoltre, è complicato dal fatto che sono compromesse anche le cellule alfa del pancreas che producono glucagone. Quindi, il paziente corre maggiori rischi di andare incontro a coma ipoglicemico per una riduzione eccessiva della glicemia.

Le nuove prospettive della chirurgia

A volte la pancreatite cronica può richiedere l’intervento del chirurgo a diversi livelli di invasività. Se una pseudocisti pancreatica diventa dolorosa ingrandendosi, può drenarla per via endoscopica o attraverso la cute sovrastante. Il trattamento endoscopico mira a ristabilire un corretto svuotamento del secreto pancreatico nel duodeno e può essere eseguito tramite varie diverse tecniche. La chirurgia serve anche se c’è una dilatazione dei dotti pancreatici da by-passare (per esempio, dilatazione del dotto di Wirsung > 6 millimetri) o una massa infiammatoria da asportare. In quest’ultimo caso la rimozione inevitabile delle cellule che producono insulina può indurre lo sviluppo di diabete. Si interviene, quindi, solo su pazienti che hanno sospeso il consumo di alcol e che si pensa siano in grado di gestire l’eventuale diabete. La chirurgia pancreatica demolitiva è indicata nelle forme focali di malattia in cui il dotto pancreatico non è dilatato. La nuova frontiera è rappresentata, però, dalla rimozione completa dell’organo (pancreasectomia totale) seguita da un trapianto di insule pancreatiche. I risultati sono molto promettenti sia in termini di controllo del dolore sia di prevenzione dell’insorgenza di diabete in una buona percentuale di pazienti.